La sanità, di oggi e di domani, all'esame della Conferenza dei sindaci

Risultati e progetti futuri, la riorganizzazione regionale ed i patti territoriali

25/07/2013
Attualità
Condividi su:

138 pagine di riflessioni, tabulati, progetti, disegni strategici, analisi dei pregi e dei difetti, simulazioni sul territorio, previsioni degli effetti sulla assistenza sanitaria.
Sono quelle presentate stamani alla conferenza dei sindaci della nostra provincia dalla Asl 8, alla presenza di Luigi Marroni, assessore alla sanità della Regione Toscana.
Con trenta milioni di euro in meno in due anni (a tanto ammontano i tagli di risorse determinati dalla crisi economica) l’impegno dell’azienda sanitaria con la partecipazione e la condivisione dei sindaci dei 39 comuni è quello di garantire comunque servizi adeguati a tutti i cittadini. “La Asl di Arezzo – ha dichiarato il direttore generale Desideri - ha deciso di non a seguire le logiche dell’urgenza, ma di  pianificare e sviluppare quegli interventi che si sono dimostrati capaci di garantire attenzione all’equità delle cure, alla qualità delle stesse e, contemporaneamente, alla sostenibilità economica.”
Un leit motiv che l’Azienda sta perseguendo da più di tre anni, con risultati certificati dal Mes e da altri istituti, che in sostanza dicono: si è speso di meno migliorando la qualità dei servizi offerti.
Nessun miracolo alla base di questo risultato, ma una gestione attenta, meticolosa, con un lavoro certosino di ricerca di ogni possibile riduzione della spesa senza intaccare la qualità dei servizi offerti.

I lavori della Conferenza sono stati aperti da un saluto del sindaco Fanfani, presidente della conferenza provinciale, e da un intervento dell’assessore Marcello Caremani focalizzato sul rapporto tra diritto alla salute e crisi economica: “ L’austerità fa male alla salute, ha detto Caremani, in questo periodo aumentano i suicidi, le malattie mentali, l’alcolismo. Non servono tagli alla spesa, tantomeno quelli lineari. In queste situazioni servono più risorse ed una protezione sociale più forte”.

La relazione del direttore generale
“Sono quattro i capisaldi su cui si è basata l‘azione della Asl:  sviluppare l’assistenza territoriale e le cure primarie (con le Case della Salute, le Cure Intermedie, l’ADI, le Aggregazioni Funzionali dei medici di famiglia); mantenere e accrescere la risposta assistenziale nel campo dell’emergenza-urgenza territoriale e ospedaliera; stimolare e gestire la rete per la qualità e la sicurezza degli ospedali, con un rapporto stretto con l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Siena per le discipline di maggiore complessità (chirurgia toracica, neuro chirurgia,  cardio chirurgia), ottenendo, come nel triennio 2010-2012, la crescita della produzione interna e la riduzione della mobilità passiva extra-regionale (la nostra Asl è la sola che ha ridotto costantemente e progressivamente tale indice, incrementando contemporaneamente la attrazione); potenziare le attività di prevenzione collettiva, ponendo una attenzione particolare alle tematiche connesse a “salute ed ambiente”, in collaborazione con Istituti Universitari e con la supervisione dell’I.S.S..

Quattro linee strategiche affiancate da un rigoroso controllo della spesa; nel mirino sono andate le poste di bilancio di maggior rilievo (come la spesa per farmaci, dispositivi medici, protesi–ausili, trasporti), ma anche le fonti di costo minori, ancorché importanti (convenzioni con ambulatori specialistici accreditati e Case di cura, consumo di acqua e di energia).

Piccoli ospedali “crescono”.
“In Toscana ci sono 41 ospedali e 41 resteranno”. Con queste poche parole l’assessore regionale Luigi Marroni spazza via le preoccupazioni che da più parti si sono levate sul futuro dei piccoli ospedali, quelli di zona per capirsi. “Non chiuderemo nessun ospedale – ha detto Marroni. Tutt’altro! la nostra progettualità prevede una loro valorizzazione attraverso funzioni specifiche in grado di garantirne lo sviluppo futuro”.

Un tema, questo dei piccoli ospedali, oggetto anche di un’attenzione particolare di Desideri. “Un’attenzione posta non per contrastare o contenere i timori di chiusura, ma per un preciso calcolo di “accorta” amministrazione. Dall’analisi dei costi per giornate di degenza, a parità di linee assistenziale, i costi fissi relativi sono minori nei piccoli ospedali. Ciò che renderebbe proibitiva la loro gestione economica, sono i costi cosiddetti marginali (ad esempio per un ricovero o una radiografia in più, o per assicurare la presenza su 24 h di medici - infermieri – tecnici di laboratorio.
La scommessa sui piccoli ospedali è quindi favorire la saturazione dei fattori di produzione (cioè massima occupazione dei posti letto e delle sale operatorie....) cosi riducendo il peso dei costi marginali”.
In altre parole, per ognuno dei nostri ospedali periferici saranno individuate una o più attività specialistiche di elevato livello, rivolte al bacino di utenza dell’ospedale di zona, sia al resto della provincia.
Il modello di sviluppo è contenuto nel dettaglio in un documento (chiamato “Patto Territoriale”) che indica per ogni struttura compiti e risorse.

Innovazione
Molta attenzione è stata posta all’innovazione nel campo delle tecnologie bio-mediche e dei sistemi informativi.
La Asl8, è stata la prima in Toscana e l’Area Vasta sud est l’unica della Regione e fra le poche in Italia, a realizzare commissioni per la valutazione costo-beneficio delle decisioni delle Direzioni Aziendali, con risultati evidenti.
Fra gli esempi citati quello di una visione strategica aziendale, attenta alla ricerca, e allo sviluppo, che ha permesso che nuovissime tecnologie sempre più precise e personalizzate in campo cardiologico, neurologico, chirurgico fossero presenti nei nostri ospedali riducendo le complicanze, il dolore post operatorio, accelerando il recupero e quindi anche la dimissione (...e i costi della degenza).

“Crediamo – ha detto Desideri -  che le decisioni nel campo della organizzazione, dei servizi e delle tecnologie (farmaci, dispositivi medici, apparecchiature sanitarie, tecnologiche informatiche) debbano essere assunte con lungimiranza strategica e non sull’onda dell’emergenza, ma anche con il sostegno di precisi studi a supporto e guida delle Direzioni Aziendali. La nostra Azienda intende proseguire nella strada del cambiamento per la crescita e l’equità delle cure, ma per farlo è cosciente che il confronto, la condivisione con i professionisti e la partecipazione dei cittadini e soprattutto, delle Istituzioni, che i cittadini rappresentano, sia un indispensabile prerequisito per la legittimazione sociale del nostro operato e, ancor più, per accrescere la passione e l’orgoglio dei nostri operatori per opportunità, unica, loro affidata di contribuire, con il loro lavoro,  alla salute e al benessere della comunità.

La parola ai sindaci
Apprezzamento per il lavoro fatto e la progettualità presenta dall’azienda sanitaria è stata espressa dai sindaci presenti. Allo stesso tempo, i sindaci hanno chiesto a Desideri la possibilità di approfondire alcuni aspetti particolari contenuti nei Patti Territoriali, con particolare riferimento alle attività specialistiche individuate per ogni presidio ospedaliero, prima di esprimere il loro parere definitivo.

LA ROBOTICA

Nel corso dei lavori della mattinata, il tema è stato affrontato con un Focus specifico curato da Michele De Angelis, consulente scientifico per la  robotica. Ma l’argomento, di estrema attualità dopo gli ultimi sviluppi e gli interventi sulla stampa dei politici prima e del Calcit poi, è stato ripreso dai giornalisti presenti.
Il Dg Desideri  ne ha approfittato per chiarire la posizione ufficiale dell’Azienda.
“Il tam tam di stampa e politica sulla chirurgia robotica del San Donato, nel quale ai fatti e alle notizie sono state date interpretazioni fortemente negative, impone di ricostruire i passaggi, le azioni compiute, ciò che stiamo facendo e che faremo. Non nascondo che avrei voluto per la “cabina di comando” un iter più lineare e che qualche rammarico ce l’ho. Ma allo stesso tempo rivendico, più per merito dei professionisti che mio, l’eccellente capacità di valorizzazione del robot per il benessere dei pazienti (più di mille), nelle diverse discipline. Per il dottor Sbrana, al quale va ancora il ringraziamento per aver saputo interpretare al meglio il nostro desiderio di utilizzo multidisciplinare della struttura, non potevamo che attendere le sue decisioni al termine della aspettativa. Non è vero, come è stato lamentato da più parti, che sapevamo sin dall’inizio che Sbrana sarebbe andato via. E’ comunque innegabile che ci siamo adoperati per mantenere con Sbrana un cordone ombelicale, seppur saltuario, con la sua presenza bimestrale ad Arezzo. E’ ugualmente innegabile che si è cercato, sin da subito, di assicurare alla robotica un professionista in grado di garantire la necessaria continuità operativa, sia quantitativa che qualitativa.
Continuità che è stata assicurata con l’arrivo del dottor Graziano Ceccarelli, a cui unanimemente tutti i suoi colleghi riconoscono eccellenti capacità professionali. Ed anche i dati sull’attività svolta in questi mesi stanno li a dimostrarlo.
Oggi anche Ceccarelli ha scelto di interrompere il suo rapporto con il nostro ospedale. Una scelta, come lui stesso ha dichiarato, dovuta principalmente alla necessità di riflettere sul proprio futuro ed a ragioni familiari, ma che qualcuno, in città, ha cercato di ricondurre alla responsabilità della direzione aziendale.  “Desideri non è stato in grado di dare a Ceccarelli le dovute garanzie per restare”, è stato detto. Ebbene, se la ragione fosse veramente questa, allora quell’affermazione è vera! o meglio, sicuramente non gli ho dato le assicurazioni che non rientravano nelle mie prerogative. Mi spiego meglio, al di fuori di ogni sottointeso: le nostre intenzioni erano chiare, tanto è che la direzione gli aveva confermato non più di 20 giorni fa la responsabilità della U.O. di chirurgia robotica. Ma di certo non potevamo garantirgli che sarebbe stato lui a vincere il futuro concorso, se questa era la garanzia a cui si faceva riferimento. Ci sarà un concorso, aperto a tutti coloro che hanno i requisiti e il migliore vincerà. E il nuovo primario dovrà certamente avere competenze specifiche nel settore della robotica. Magari potrebbe essere proprio lui, ma questo lo sapremo solo a fine concorso. Noi vigileremo per il rispetto dei tempi che vorremmo i più stretti possibile: di certo leggi e norme nazionali non ci aiutano, ma voglio rassicurare anche il Calcit, grande sponsor della robotica, che la “cabina di comando” non resterà sguarnita.  
In altri termini, credo che le ragioni della scelta operata da Ceccarelli vadano ricercate su più versanti: sicuramente le ragioni personali a cui lui stesso ha fatto riferimento, sicuramente le incertezze sulle prospettive future, sicuramente le difficoltà derivanti dall’inserimento in un contesto operativo per lui nuovo, ma già strutturato. Io credo che tutte queste componenti abbiano contribuito alla sua scelta.
Infine, con tutto il rispetto che è dovuto a Sbrana e Ceccarelli, mi preme ricordare che la chirurgia aretina, generale o specialistica che sia, può vantare la presenza di validissimi professionisti (14 coloro che utilizzano il robot al san donato) che hanno permesso di ottenere i risultati che presentiamo nel nostro focus. Fior fiore di professionisti, che fino ad oggi sono rimasti all’ombra dei grandi nomi, ma hanno operato quotidianamente con il robot e in modo tradizionale, garantendo risultati funzionali e di qualità percepita elevatissimi. Nella “cabina di comando” tutti i ruoli sono sempre stati coperti ed è ingeneroso e falso parlare di “confusione”, mancanza di ruoli di coordinamento, gestione e responsabilità. Stampa e politica devono svolgere il loro ruolo nel raccontare le notizie e nel commentarle anche con spirito critico. Ma io ho il dovere e il ruolo per parlare in prima battuta ai cittadini che si rivolgono a noi per ragioni di salute e garantire a loro, con grande serenità, che hanno di fronte, sempre, anche nei momenti “definiti” critici, professionisti e organizzazione all’altezza delle loro aspettative. Chiudo ricordando che il nostro centro multidisciplinare di chirurgia robotica è stato valutato dal comitato scientifico regionale, il secondo centro in Italia e fra i primi in Europa per numero e appropriatezza degli interventi per i quali è utilizzato, siamo in grado di quantificare con precisione anche i benefici economici di questa scelta strategica.”

FOCUS ROBOTICA
E’ stato il dottor Michele De Angelis ad illustrare ai sindaci l’attività del polo robotico.
Sono stati 1.058 gli interventi eseguiti con il Robot da Vinci in 32 mesi dalla sua istallazione. Un autentico record se si considera che quasi tutti gli impianti analoghi hanno impiegato mesi e mesi di rodaggio con scarsa attività operatoria, mentre Arezzo ha potuto da subito  usufruire di professionisti che erano già abilitati presso altre sedi in Italia e all’estero all’uso del robot.  Un polo chirurgico, e anche qui una particolarità apprezzata e verso la quale adesso tanti altri centri si muovono, multidisciplinare, con un calendario ben definito per consentirne l’utilizzo alle varie discipline: Chirurgia generale, Ginecologia, Otorino e Urologia, quest’ultima autentica “mattatrice” con ben 453 interventi.
Di gran valore anche la tipologia di interventi eseguiti, per i quali c’è unanime riconoscimento di appropriatezza: gli interventi più frequenti hanno riguardato il colon e il retto (in genere neoplasie) per la chirurgia generale, l’isterectomia per la ginecologia, la tiroidectomia per l’otorino e la prostatectomia radicale per l’urologia.
La capacità di eseguire un così alto numero di interventi rispetto ad altre sedi, deriva anche da una particolare preparazione e studio dei tempi di preparazione della sala e di utilizzo del robot: un esempio arriva dalla predisposizione della sala che vede un abbattimento rispetto alla consueta catena di “ricambio” da un intervento all’altro, seguendo tre di questi passaggi in contemporanea. Nel settore urologico significa che in una giornata si riesco ad eseguire tre interventi di prostatectomia, rispetto ai tradizionali due.
L’utilizzo del robot ha dimostrato ampiamente in questi 32 mesi che rispetto ai risultati ottenuti con i sistemi chirurgici tradizionali, si hanno una serie di ragguardevoli vantaggi: una minore degenza postoperatoria, una ridotta perdita di sangue, una rapidissima ripresa di attività lavorativa, una assenza del dolore post operatorio, una ottima qualità percepita dal paziente e migliori risultati funzionali.
Il modello Arezzo e la qualità dei suoi professionisti hanno prodotto anche una intensa attività di insegnamento e di tutoraggio in favore di altri centri robotici italiani, da Livorno ad Ancona, da Napoli (ospedale Pascale) a Roma (Ospedale San Camillo), Terni, Lucca e Chieti.

Leggi altre notizie su Arezzo Oggi
Condividi su: