Da oggi (martedì 1 ottobre 2013) scatta l'aumento dal 21al 22% dell'Iva. La crisi di governo apertasi con le dimissioni di parlamentari e ministri del Pdl non ha consentito al Consiglio dei Ministri di venerdì scorso di varare il decreto per far slittare l'aumento almeno fino a gennaio. Sulla 'stangata' Iva si levano dunque unanimi le grida di dolore di commercianti e consumatori. L'aumento riguarderà infatti il 70% dei prodotti e costerà 207 euro annui a famiglia, portando consistenti rincari nel settore dell'abbigliamento (+81 euro), nell'acquisto di scarpe (+25 euro) e bevande alcoliche, vino compreso, e gassate (+12 euro). Scontati, secondo la Confcommercio, gli effetti recessivi e depressivi per l'economia reale. "La crisi ha già stremato famiglie e imprese - dice la presidente della Confcommercio aretina Anna Lapini - questo aumento darà un altro duro colpo all'occupazione, alle imprese ed ai consumi, ma potrebbe essere anche l'inizio di una nuova grandinata fiscale insopportabile per il nostro Paese. A frenare lo sviluppo in Italia non è tanto la tassazione sul patrimonio quando l'insostenibile peso fiscale su lavoro, produzione, crescita e consumo''. Sugli effetti recessivi dell'aumento dell'Iva, sottovalutati da alcuni, parlano chiaro i dati elaborati dall'Ufficio Studi Confcommercio. Innanzitutto, si amplificherebbe la già drammatica situazione dei consumi, che dopo aver chiuso il 2012 a -4,3% senza interventi rischiano di chiudere in negativo anche quest'anno (-2,4 nelle previsioni). La riduzione dei consumi limiterebbe ancora di più "l'effetto Natale", che notoriamente fa balzare in alto le spese per le festività a dicembre portando un po' di respiro alle imprese. Respiro che a Natale 2013 verrebbe tragicamente a mancare. La caduta dei consumi sarà favorita anche dall'inevitabile incremento dei prezzi causato dall'aumento dell'Iva, quantificabile in un + 0,4% tra ottobre e novembre. Il cosiddetto "effetto scalino" secondo la Confcommercio avrà inevitabili effetti di trascinamento anche nel 2014. Ovvio, come già accaduto nel 2012 dopo l'aumento dell'aliquota Iva dal 20 al 21%, l'impatto negativo sul gettito, per non parlare degli effetti su produzione e occupazione. È infatti ipotizzabile la perdita di almeno 10 mila posti di lavoro e la chiusura di molte imprese, già gravate da una pressione fiscale da record mondiale e dal mancato pagamento dei debiti della P.A. Per quanto riguarda infine l'impatto sui redditi, risulteranno più penalizzate le famiglie a basso reddito in quanto la pressione Iva (rapporto tra Iva pagata e reddito) per il 20% di famiglie più povere arriverebbe al 10,5%, mentre per il 20% di famiglie più ricche sarebbe del 7,5%, circa il 30% in meno.