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Recensione: abbiamo visto per voi "Acciaio" in programmazione all'Eden nel week-end

Il film tratto dal romanzo di Silvia Avallone in anteprima

a cura della Redazione
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Questo fine settimana arriva all'Eden "Acciaio" film tratto dal romanzo di Silvia Avallone. Lo abbiamo visto per voi in anteprima. Ecco la recensione.  

Un Bignami del romanzo di Silvia Avallone. Un riassunto veloce, forse troppo, di un libro complesso per il tema che affronta ovvero il rapporto a tratti morboso tra due adolescenti. Questa in sintesi l’impressione suscitata da “Acciaio” il film che Stefano Mordini, 44enne regista fiorentino, ha tratto dal libro della giovane autrice, vincitore peraltro di molti riconoscimenti. La storia è ambientata a Piombino, così come deve essere ma la città rimane in sottofondo, nessuna inquadratura globale, neppure sulla Lucchini, tranne un breve notturno sicuramente meno forte di quelli de “La bella vita” altro lavoro ambientato a Piombino, che segnò la carriera di Sabrina Ferilli e Massimo Ghini. Una città solo appena accennata e nella sua accezione peggiore. Non c’è la solarità della spiaggia, almeno quella, tutto è triste, bruciato e senza speranza. La collocazione temporale invece non rispecchia quella del libro. Lì siamo a cavallo tra il 2000 e il 2001, con le torri gemelle che si sbriciolano e l’euro che sta arrivando a sostituire la lira. Nel film no, siamo più avanti, ai nostri giorni, così come evidenzia il look con shorts e stivaletti estivi di Anna e Francesca, le due protagoniste del film, a dire il vero ben scelte nella stessa Piombino tra giovani attrici esordienti. La narrazione degli eventi però ci è sembrata superficiale, non si entra mai nel vivo, si ha come l’impressione che si voglia dire tutto quasi a forza, volando sopra la trama, tanto per non perdere niente e in questo modo si rischia di deludere lo spettatore/lettore che conosce i particolari della vicenda. I padri delle due ragazze per esempio, figure capaci di incidere in negativo nelle vite delle ragazze, sono appena tratteggiati. Il rapporto tra la moderna Sandra madre di Anna, che a sua volta però si fa travolgere dagli eventi e la convenzionale Rosa, mamma di Francesca, più forte di quanto sembri, nel film non c’è, non si intuisce neppure. Le “sottostorie” che animano e diversificano il romanzo della Avallone o non ci sono o sono appena abbozzate. Tutto si percepisce, se si è letto il libro, ma non se ne capisce appieno il senso. Tra i protagonisti spicca la prova di Michele Riondino (Alessio), bravo, bello e convincente, forse il migliore degli interpreti. Accanto a lui una fiacca Vittoria Puccini (Elena), la cui vicenda, il ritorno a Piombino dopo essere stata fuori a studiare, non è ritratta con esattezza, a cominciare dall’approccio con l’ex fidanzato Alessio. La storia di Anna e Francesca è pur sempre forte, centrale ma perde quella dolorosa cattiveria che ha nel romanzo. Qui si capta che Francesca frequenta un locale equivoco ma non si vive lo sconvolgimento che  pervade il romanzo. Il finale poi è debole, o almeno questa è la sensazione che ci ha regalato la visione del film. “Acciaio” non è un brutto lavoro, Stefano Mordini che si è concesso una piccola parte, quella di Mattia fidanzato di Anna, ha firmato un’opera onesta, giustamente mesta come meste sono le realtà provinciali post industriali che ormai caratterizzano anche l’Italia ( ricordate l’effetto ‘Full Monty’ di cui parlavamo?). Una realtà in cui non cambia mai niente: “la fabbrica è sempre là” dice a un certo punto uno dei protagonisti, una realtà da cui le due ragazze cercano di affrancarsi per raggiungere la libertà, l’Elba che da lontano guarda distaccata gli eventi. Questo c’è nel libro e nel film ma le analogie si fermano qui. L’opera di Mordini è meno dura, più intimista e per questo forse, meno incisiva.

Fateci sapere comunque cosa ne pensate!

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