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La recensione: "Il grande Gatsby" affresco potente ma un pò freddo ottimo Toby Maguire

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a cura della Redazione
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“Gatsby credeva nella luce verde”. E anche noi correndo al cinema a vedere il quarto adattamento cinematografico del capolavoro di Francis Scott Fitzgerald speravamo di acchiappare qualcosa con le nostre mani. Il film di Buz Luhrmann invece scivola tra le dita lasciando la sensazione di un magnifico sfoggio di grande tecnica ed entusiasmo ma senza particolare coinvolgimento almeno per quanto concerne la prima parte. La sfavillante New York del 1922 narrata dal grande scrittore americano, si perde in un gigantesco cartone animato, sollevando a tratti anche un leggero nervosismo. Il film scorre male, crea attrito e annoia un po' nella prima mezz'ora. Poi, d'improvviso, nella seconda parte, quella dominata dall'amore tra Daisy e Jay Gatsby, prende corpo riuscendo a trasmettere qualcosa. Nel complesso però, escluso il confronto con il film del 1974 peraltro piuttosto noioso, rimane in superficie. Premesso che andrebbe capito l'intendimento del regista. Perchè se si parte dal concetto della fusione tra la storia ambientata nel 1922 con musica e scenografia moderne ( vedi organista in simil David Guetta) allora l'esperimento può anche avere un senso e può anche essere riuscito seppur non gradito a tutti. Se invece si vuol tentare di spiegare il romanzo di Scott Fitzgerald in maniera più intensa rispetto alle prime letture, non possiamo che essere scettici. Si tratta infatti di un libro talmente complesso che difficilmente potrà essere letto e tradotto cinematograficamente in maniera corretta e altrettanto potente. Difficile invece giudicare la tecnologia 3d dal momento che ad Arezzo tale versione non è arrivata  (verrebbe da chiedersi perchè). Tra gli attori brilla la stella di Toby Maguire, narratore attento, è lui che tesse nei panni di Nick Carraway cugino di Daisy, le fila della narrazione. L'attore ex Spiderman riesce bene nell'intento, regalando un'interpretazione perfomata. Dotato di glamour e raffinatezza, Maguire si fa molto apprezzare. Troppo teso e attento a dare il meglio di se Leonardo Di Caprio, che pure consideriamo uno degli attori viventi più bravi di Hollywood. Qui sembra come schiacciato da un confronto che non esiste con Robert Redford perchè diverse erano le letture, le regie e la chiave di interpretazione. Siamo sempre ad alti livelli ma, soprattutto nelle scene d'amore, Di Caprio ci sembra ancora quello di “Titanic” ovvero un po' acerbo. Eppure di mestiere Di Caprio ne ha da vendere e di Oscar ne avrebbe meritati almeno un paio. Non siamo d'accordo infatti con chi dice che non vince perchè la sua tecnica è troppo attenta, se fosse così a  Daniel Day Lewis, autentico computer dell'arte del recitare, non avrebbero dato neppure un riconoscimento. Decisamente sotto tono invece la Daisy di Carey Mulligan a cui manca la raffinata leggerezza di Mia Farrow, Daisy nella versione del 1974. La Mulligan è “sciapa”, annoiata, sembra quasi osservare da fuori ciò che succede dentro. Un film sicuramente da vedere senza pretendere però di entrare nelle viscere di una storia complessa che parla dell'imminente fine di un mondo, quello libertino e liberale del primo Dopoguerra e che sferra, nelle pagine di uno dei più grandi scrittori del Novecento, un feroce attacco alla società newyorkese di allora.

Giudizio ***

* si può anche non vedere ** vedibile *** buono **** da non perdere

 

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