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Capitolo I

La botola

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“Zara, la metto nella buca laggiù a sinistra”. E con la stecca picchia sopra al bersaglio emettendo un suono sordo e pungente: “Tack tack”. Mauro è una vera pippa a biliardo, ma ci prova lo stesso a vincere contro la sua ragazza. “Non ci credi nemmeno te che ce la infili, Meu”. Gli dice lei ridacchiando. E a buona ragione. Il tiro di Mauro, tanto per cambiare, è da dimenticare. In buca ci va sì una palla, ma quella bianca. Per buttare la tanto odiata “uno” in buca, però, basta aspettare il tiro successivo di Roberta. “E anche stavolta la profezia si è avverata”. Mauro non fa in tempo a piangersi addosso con ironia, che gli squilla il cellulare.

“Dedo, che c’è?”, risponde subito. “Mi spieghi che volevi dire ieri pomeriggio con quella storia del tunnel del Castro? Che cazzo sarebbe? Mi hai incuriosito”, dice Alessandro dall’altro lato. Mauro fa cenno a Roberta di avvicinarsi, per renderla partecipe della conversazione telefonica. “Il tunnel del Castro, sì – risponde Mauro – Hai sicuramente presente il Castro, il fiumiciattolo che percorre la campagna”. “Certo che ce l’ho presente, passa anche vicino a casa mia...”. “Ecco, allora mi saprai anche dire da dove lo posso vedere in centro”, gli chiede Mauro con un po’ di spocchia. “Ma che dici? Per il centro non ci passa mica. Sei scemo?”, risponde Alessandro. “Infatti, caro Dedo. Non passa per il centro, passa sotto il  centro”. “Non capisco. Spiegati, cominci a farmi incazzare con questo alone di mistero”, si sente dalla cornetta. “Spiegati per bene, il Dedo c’ha ragione – gli fa eco Roberta – Non ci sto capendo niente nemmeno io”. “Il fiume Castro un tempo passava per il centro di Arezzo – spiega Mauro con fare da Piero Angela –  Poi, in epoca medievale, è stato intubato. E’ stato costruito un vero e proprio tunnel sotto la città, dove il Castro scorre tutt’oggi. E’ lungo circa un paio di chilometri”. “Figo – risponde estasiato Alessandro – Ma sarà chiuso... Mi sembra improbabile che sia accessibile a chiunque. Ci saranno delle grate”. “Sbagliato, genio – risponde Mauro, consapevole di quelli che sarebbero stati dubbi dell’amico – Ci sono stato una volta là sotto a vedere, solo per qualche metro. Non c’è nessuna grata. Se ci pensi, in effetti, se ci fosse un filtraggio, con i detriti periodicamente il tunnel si intaserebbe. Con un temporale violento si allagherebbe la città”.

“Ok, ok. Facendo due conti deve essere proprio così – risponde Alessandro – Ma che cazzo ci andiamo a fare là sotto, Meu?”. Roberta, che ha sentito tutta la conversazione, guarda Mauro con fare dubbioso, come a dire “Appunto, che ci andiamo a fare?”. “Da te, Dedo, una risposta del genere proprio non me l’aspettavo, mi deludi – risponde con una voce grave Mauro – Te la ricordi la botola, cazzo? Te la ricordi?”. “Me la ricordo sì. E chi se la dimentica quell’avventura? – risponde subito Alessandro – Ok, hai ragione. Hai il mio completo appoggio per questa insensata missione esplorativa. Ma da solo con te non vengo”. “Ahhh, che sega che sei! Ok mi pare lecito – risponde Mauro – La Zara è quì con me. Ora se ne ragiona insieme io e lei. Convinci almeno la Mina. E’, o non è la tua ragazza? A volte, sono sincero, mi fai venire il dubbio”. “Ma che cazzo di discorsi mi fai ora? Mi fai la morale di coppia?”, tuona Alessandro dall’altro lato. “No, no. Per carità del signore – risponde Mauro con la coda tra le gambe – Beh, comunque tra un po’ vedo di sentire anche il Rana. Te parlane sul serio alla Mina, ok?”. “Ok, ti richiamo dopo”. Click. “La botola? La grande avventura? Ma come cavolo state messi? – si scaglia subito Roberta – Parliamone sul serio, sì, che mi sembra proprio il caso”. “Stai calma Zara – risponde Mauro – quest’idea di esplorare il tunnel del Castro è un po’ che ce l’ho in testa e ieri l’ho buttata là anche a quei ragazzi. A quanto pare al Dedo interessa”. “Lo saprò quanto siete rincoglioniti te e il Dedo? – dice Roberta – Ma spiegami anche di questa esperienza misteriosa della botola, sono proprio curiosa...”.

“Ti ricordi quando sono stato al mare col Dedo e la Mina, che fu evacuato il campeggio perché ci fu quell’incendio? – gli risponde Mauro – Ecco, quando ci siamo accorti di quello che stava succedendo eravamo tutti in spiaggia. Abbiamo visto un gran fumo e gli elicotteri  dei vigili del fuoco che facevano la staffetta per spengere la fiamme. La Mina, come al solito, si è subito cacata addosso, ma io e il Dedo non potevamo stare, dovevamo avvicinarci e  cercare di capirne di più. Sai come sono fatto... Insomma, infilate le infradito per non ustionarci i piedi sulla sabbia rovente, ci siamo addentrati nella pineta guidati dal fumo. Dopo una cinquantina di metri abbiamo incrociato uno straniero dall’aria tutt’altro che raccomandabile. Dall’aspetto poteva essere un ‘vù cumprà’, ma non aveva merce e sembrava decisamente poco amichevole nei nostri confronti. Ci siamo squadrati e ignorati reciprocamente per poi continuare il rispettivo cammino. Un centinaio di metri più avanti ci siamo trovati di fronte una biforcazione e ci siamo diretti sempre in direzione dell’incendio. Il tempo di fare pochi metri e siamo rimasti di sasso. C’era un accampamento deserto in quella pineta. Una dozzina di materassi stesi in terra, lenzuoli tirati da un pino all’altro a mò di parasole e buste ricolme di oggetti. Roba da vendere? Refurtiva?  Non lo sapevamo e non ci interessava scoprirlo, così abbiamo cominciato a correre, sempre in direzione delle fiamme. Dopo una decina di minuti, però, ho visto il Dedo cadere in terra davanti a me. Sono subito andato ad aiutarlo a rialzarsi. Non si era fatto niente, era soltanto inciampato. La sua infradito si era incastrata su qualcosa, tanto  che si era rotta. Era inciampato su uno spigolo arrugginito che spuntava dalla sabbia. Senza dire una parola, ci siamo guardati ed abbiamo cominciato a scavare, per cercare di capire su cosa era inciampato. Scava, scava, abbiamo liberato dalla sabbia il perimetro di una specie di tombino arrugginito, una botola di ferro. Subito abbiamo provato ad alzarla, ma sembrava molto pesante. Nel silenzio ci siamo messi a cercare qualcosa che potesse funzionare da perno e lo abbiamo trovato in un robusto ramo. Sempre senza dire una parola abbiamo cominciato a fare gioco insieme, finché la botola non ha cominciato a muoversi. A quel punto eravamo eccitati come due ragazzini di fronte all’acquisto del primo giornaletto porno. Non sapevamo cosa ci aspettava, ma eravamo sicuri che valeva la pena di scoprirlo. Scalza di qua, scalza di là, alla fine siamo riusciti a tirare su la botola e a sollevarla. E sai cosa c’era sotto? Niente, la sabbia. Era soltanto un cazzo di tombino appoggiato là e ricoperto dalla sabbia. Delusione? Forse... Ma ne era comunque valsa la pena, già solo per la suspance”.

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